Anche le donne hanno bisogno della Rianimazione Cardio Polmonare
– traduzione a cura della Dott.ssa Emilia Solinas –
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“Women need CPR, too! More and more people are surviving cardiac events – But not women“
E’ ampiamente dimostrato come molte patologie psichiatriche siano associate ad un rischio cardiovascolare più elevato, tuttavia tale associazione non è stata indagata nelle persone con disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).
Lo studio Svedese recentemente pubblicato, basato su una ampia popolazione nazionale di adulti nati tra il 1941 e il 1983 senza malattie cardiovascolari preesistenti, con diagnosi di ADHD, ha analizzato l’incidenza di eventi cardiovascolari identificati in base ai codici ICD. Dopo un follow-up medio di 12 anni, il 38,05% degli individui con ADHD rispetto al 23,57% di quelli senza ADHD ha avuto almeno una diagnosi di malattia cardiovascolare (p<0,0001).
L’ADHD è risultato essere significativamente associato ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (HR=2,05, 95% CI: 1,98-2,13), quasi due volte superiore, anche dopo l’aggiustamento per sesso e anno di nascita; altre variabili possibilmente confondenti quali livello di istruzione, paese di nascita, diabete mellito di tipo 2, obesità, dislipidemia, disturbi del sonno, fumo, comorbilità psichiatriche hanno attenuato l’associazione, che tuttavia è rimasta significativa (HR=1,65, 95% CI: 1,59-1,71).
Le associazioni più forti sono state trovate per l’arresto cardiaco (HR=2,28, 95% CI: 1,81-2,87), ictus emorragico (HR=2,16, 95% CI: 1,68-2,77) e malattia vascolare periferica/arteriosclerosi (HR=2,05, 95% CI: 1,76-2,38). Associazioni più forti sono state osservate nei maschi e negli adulti più giovani, mentre nessuna associazione significativa è stata trovata tra gli individui con o senza farmaci psicotropi e storia familiare di malattie cardiovascolari.
La presenza contemporanea di disturbi alimentari e disturbi da uso di sostanze aumentava significativamente il rischio di malattie cardiovascolari, tra i soggetti con ADHD. Come suggerito da studi precedenti circa l’80% dei pazienti con disturbo alimentare è affetto da una complicanza cardiovascolare, e l’abuso di alcune sostanze (ad esempio, anfetamine, alcol, tabacco ed eroina) aumenta in modo sostanziale il rischio di ipertensione arteriosa, infarto miocardico , ictus e arresto cardiaco. Pertanto, l’identificazione e il trattamento precoce ed appropriato di queste comorbilità psichiatriche è necessario per avere un impatto positivo sulla salute cardiovascolare degli adulti con ADHD.
I risultati di questo studio sono coerenti con quelli di un recente studio genetico che riporta un possibile effetto causale diretto dell’ADHD sulla malattia coronarica e da altri studi basati su coppie di fratelli gemelli, ma non solo: plausibili meccanismi biologici potenzialmente implicati come fattori concausali potrebbero essere le note anomalie del sistema immunitario, la disregolazione dei neuromodulatori e la disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), tutte componenti eziologiche condivise tra ADHD e patologia cardiovascolare.
Questi dati suggeriscono quindi come l’ADHD sia un fattore di rischio indipendente per un’ampia gamma di malattie cardiovascolari ed evidenziano l’importanza dell’approccio cardio-PNEI nello sviluppo di strategie di medicina integrativa adeguate all’età e personalizzate,anche per ridurre il rischio cardiovascolare nei soggetti con ADHD.
In questi casi infatti un approccio terapeutivo integrato PNEI con i suoi target multipli sulla salute del microbiota intestinale, l’alcalinizzazione della matrice connettivale, la riduzione dello stress ossidativo, la modulazione della bilancia neurovegetativa, la gestione dello stress assume un ruolo fondamentale non solo come terapia principale nel potenziare le funzioni esecutive ma anche nella prevenzione primaria cardiovascolare.
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